Il modello di Blaszczynski e Nower

Alex Blaszczynski
Lia Nower

Il modello di Blaszczynski e Nower (2002) si propone di integrare molteplici osservazioni scientifiche provenienti da differenti apporti teorici e ricerche empiriche. Esso postula che un giocatore d’azzardo possa sviluppare una condizione di gioco patologico attraverso uno di tre differenti percorsi patogenetici. La fase iniziale è comune a tutti i percorsi e consiste nell’impatto con alcuni fattori ambientali e personali.

L’accessibilità e disponibilità del gioco aumenta il rischio di sviluppare problemi correlati (Abbott e Volberg, 1996). L’avvio del comportamento di gioco può avvenire per curiosità, ricerca di intrattenimento, pressione dei pari o altre motivazioni, tuttavia la pronta disponibilità di punti gioco e il basso costo per partita facilita i successivi accessi e i ripetuti episodi di gioco.

Fenomeni di condizionamento operante compaiono a partire da rinforzi positivi (eccitamento, piacere) e negativi (evitamento di stati d’animo disturbanti come rabbia, depressione, ansia). Inoltre, stimoli soggettivi e ambientali vengono associati al gioco attraverso meccanismi di condizionamento pavloviano. Giochi come slot-machine, lotterie istantanee e altri giochi recentemente introdotti nel mercato erogano il monte premi secondo schemi di rinforzo a frequenza intermittente che già Skinner aveva individuato come i più efficaci nel condizionare il comportamento e nel mantenerlo a lungo anche in assenza di successivi rinforzi (Petry, 2005).

Distorsioni cognitive vengono indotte dal gioco d’azzardo: la mente umana infatti non sembra ben attrezzata per gestire eventi casuali (Turner, 2000). Le classiche tipologie di errori cognitivi sono: illusione di controllo della fortuna, controllo predittivo dell’esito, distorsioni interpretative, le aspettative dal gioco e la percezione di essere incapaci a smettere (Raylu & Oei, 2004; Toneatto, 1999). I pensieri disfunzionali giocano un ruolo significativo nel generare le spinte a tornare a giocare (Beck et al., 1993).

Il gioco continuativo porta come conseguenza il progressivo accumularsi di perdite economiche cui il soggetto tenta di far fronte con la rincorsa delle perdite, tornando a giocare per rifarsi e acuendo così la propria situazione. Il modello patogenetico considera i meccanismi descritti come fattori necessari e sufficienti alla evoluzione maligna del comportamento di gioco d’azzardo anche in soggetti che presentano una personalità sufficientemente strutturata, relazioni sociali adeguate e non manifestano complicazioni psicopatologiche e temperamentali di rilievo.

I giocatori di questo tipo vengono definiti come giocatori condizionati nel comportamento. Sono i più trattabili e con una prognosi migliore. La compliance è buona e spesso si avvantaggiano di prese in carico brevi e trattamenti non invasivi (Blaszczynski e Nower, 2002). Nella pratica clinica è frequente che questi soggetti vengano accompagnati da familiari insieme ai quali hanno già organizzato un sistema di fronteggiamento familiare dei problemi azzardo correlati. Si tratta di soggetti di entrambi i sessi, di età adulta, i quali possono manifestare disturbi d’ansia, depressione o abuso d’alcool secondari ai problemi azzardo-correlati.

La presenza di complicazioni psicopatologiche primarie o di tratti patologici di personalità può innestarsi e complicare il percorso precedente: i cosiddetti giocatori emotivamente vulnerabili trovano nel gioco un potente rinforzo, solitamente negativo per la presenza di una storia infantile di abusi, traumi emotivi, disturbi d’ansia o depressivi primari, psicosi; oppure deficit significativi nelle life skills e nelle abilità di coping, personalità di tipo depressivo, schizoide o evitante. Questi soggetti possono anche manifestare una condizione di abuso primario di alcool o altre sostanze. Molte donne giocatrici fanno parte di questo secondo tipo di soggetti (Mark e Lesieur, 1992). La condizione psicopatologica condiziona l’evoluzione del disturbo da gioco d’azzardo, la compliance dei soggetti, la prognosi e la risposta ai trattamenti. In questi casi la presa in carico sarà generalmente di durata medio-lunga. In questo tipo di giocatori l’avvio del gioco d’azzardo avviene generalmente in età adulta, talora con uno sviluppo rapido verso il gioco eccessivo (effetto telescopico).

Il terzo percorso deriva dalla presenza di una personalità antisociale o di un tratto impulsivo accentuato, come nel caso di una storia di ADHD infantile con persistenza di sintomi in età adulta. I giocatori impulsivi antisociali sono quindi soggetti portatori di una vulnerabilità psicobiologia e talora genetica, con disfunzionalità e difficoltà di adattamento in varie aree vitali. Sono frequenti le condizioni di abuso o dipendenza da sostanze, la storia di condotte impulsive o francamente antisociali indipendenti dall’abitudine all’azzardo. Questi soggetti sono spesso single o divorziati, hanno problemi di scarso adattamento sociale e di elevata reattività a frustrazioni e critiche e presentano una storia di problemi scolastici e/o lavorativi. L’inizio del gioco d’azzardo avviene in età adolescenziale e la prevalenza del sesso maschile è netta. La compliance e la prognosi sono scarse. Frequentemente i soggetti con dropout precoci appartengono a questa tipologia di giocatori.

La separazione tra il secondo tipo di giocatore, emotivamente vulnerabile, e il terzo tipo non è netta, ma mostra ampie aree di sovrapposizione. E’ possibile pertanto che siano evidenziabili problemi psicopatologici primari di un certo rilievo anche tra i giocatori del terzo tipo di Blaszczynski (Nower et al., 2012).

In sintesi, l’ipotesi del modello patogenetico è che siano distinguibili tre tipi distinti di giocatori, il primo essenzialmente normale sul piano della struttura di personalità, il secondo con una vulnerabilità psicopatologica soprattutto di tipo affettivo ed esordio tardivo, il terzo con impulsività temperamentale e ad esordio precoce (Blaszczynski e Nower, 2002).

Il valore euristico del modello patogenetico e della correlata tipologia di giocatori proposta da Blaszczynski è rilevante per il terapeuta soprattutto perché rappresenta un importante strumento organizzatore ed ordinatore del pensiero clinico. Consente infatti di ipotizzare un inquadramento sin dalle primissime fasi della presa in carico e di guidare l’operatore verso il più adeguato approccio terapeutico.